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DA FIRENZE art. 23 (fwd)





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Dr.Stefano Bianco
Alte Energie - Laboratori Nazionali di Frascati dell'INFN
v.E.Fermi, 40 - 00044 Frascati (Roma) ITALY
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Date: Thu, 25 Mar 2004 14:53:26 +0000
From: Giovanni Passaleva <giovanni.passaleva@fi.infn.it>
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Subject: art. 23

 Caro Enrico, a Firenze abbiamo fatto circolare il tuo mail che
chiedeva di prendere posizione sull'art.23 tra i dipendenti.

Abbiamo ricevuto varie risposte (tra cui una di un diretto interessato, 
ovvero un titolare di art.23).
Tutte, con vario grado di intensita', sono sostanzialmente contrarie
alla possibilita' di estendere i contratti a 10 anni e di introdurre 
l'accesso per concorso.
Cerchiamo qui di riassumere le varie posizioni e argomentazioni.

Il primo motivo di forte contrarieta' e' dovuto al fatto che una simile 
"riforma"
introduce un precariato diffuso senza nessuna certezza, mettendo tra 
l'altro a rischio l'accesso dei giovani.
Infatti, ad esempio, ci si
potrebbe trovare a dover scegliere tra un ex art. 23 con dieci anni
di precariato sulle spalle ed un giovane brillante, ma, purtroppo per
lui, senza anzianita'. Oppure,
il precario,con lunga anzianita' e ricco curriculum scientifico, 
potrebbe a buon diritto concorrere per un posto
di primo ricercatore insieme a ricercatori dipendenti a tempo 
indeterminato,che hanno magari la stessa esperienza ma ovviamente, 
questi si', molte piu' probabilita' di vincere.

Il secondo motivo di forte perplessita' riguarda l'accesso per concorso.
Assegnare l'art. 23 per concorso ha il sapore dell'ennesima ipocrisia del
sistema di reclutamento. I beneficiari saranno comunque quelli che i 
gruppi di ricerca
avevano previsto, ma i tempi di assegnazione dei contratti si allungheranno
notevolmente. Oltretutto, si ha la percezione che tali concorsi siano in 
qualche modo
lesivi della dignita' professionale dei ricercatori che devono 
sottostare a continue verifiche non per un avanzamento di carriera ma al 
solo scopo di continuare ad avere uno stipendio che
presumibilmente sara' (se va bene) identico al precedente

Cercando di riassumere in modo organico le opinioni che abbiamo ricevuto 
e aggiungendo anche le nostre
considerazioni potremmo dire che:


L'accesso alla ricerca con contratti a tempo determinato, non e' in 
generale un male assoluto:
dato che le piante organiche sono quelle che sono, un mercato vivace
di contratti a tempo determinato secondo noi puo' essere anche
positivo. Tuttavia ci devono essere quattro condizioni fondamentali :

1) diritti. Il fruitore di contratti a tempo determinato non puo'
essere discriminato dal punto di vista salariale e degli aspetti
previdenziali

2) salario. contrariamente alla tendenza italiana, il salario per i
contratti a termine dovrebbe essere almeno pari a quello di un
contratto a tempo indeterminato

3) formazione. I fruitori di contratti a termine dovrebbero veder
accentuato l'aspetto formativo in vista di un auspicabile
collocamento nel mondo del lavoro, anche se, e' stato fatto notare, 
questo aspetto ha difficolta' di attuazione non indifferenti.

4) prospettive reali di accesso a contratti a tempo indeterminato; il 
precariato, specie se di lungo termine come si prefigura in questo caso, 
e' decisamente negativo, in special modo per la ricerca.

Se queste condizioni possono essere soddisfatte se ne puo' discutere,
altrimenti e' meglio lasciar perdere.

Abbiamo inoltre varie perplessita' dovute al fatto che:

1) la proposta di poter prolungare i contratti a 10 anni si inserisce
in un contesto in cui i medesimi contratti sono pressoche' scomparsi
per i noti problemi di bilancio. Cio' fa si che, essendo
probabilmente questa norma fatta per sanare alcune posizioni "a
rischio" tutti i contratti disponibili verranno saturati dai rinnovi
bloccando cosi' ogni accesso.

2) anche pensando ad un futuro prossimo piu' roseo (?!) la proposta
ci pare pericolosa per due motivi

 a) come al solito l'INFN vuole essere piu' realista del re e, facendo 
leva su alcune sitauzioni particolari,
cerca di introdurre delle figure professionali precarie sul tipo di 
quanto si
prefigura per l'universita', precorrendo immotivatamente i tempi

 b) si crea una fascia di precariato senza nessuna possibilita' di
sbocco. Infatti l'art 23 e' tradizionalmente assegnato a ricercatori
con una consolidata esperienza professionale (leggi anzianita' di
laurea) e non certo a neolaureati. Il che significa che il potenziale
fruitore di art 23 a 10 anni e' un ricercatore che, nel migliore dei
casi, ha gia' almeno i tre anni di anzianita' del dottorato e quindi
gia' vicino ai trent'anni. Dopo dieci anni di precariato, il detto
ricercatore e' ormai fuori mercato.

Percio', a meno che non si faccia lo sforzo di rendere l'art 23 un
vero e proprio contratto di inserimento (e quindi se ne deve
prevedere un numero congruo e devono essere assegnabili anche a
ricercatori con limitata esperienza), lo strumento rischia solo di
far incancrenire insanabili situazioni di precariato.

Quindi temiamo che l'estensione a 10 anni nelle condizioni attuali
sia prematura e estremamente pericolosa.
Sarebbe forse piu' opportuno che la dirigenza facesse valere le proprie
ragioni presso il ministero per sbloccare nuovi posti, invece di precorrere
i tempi di una disastrosa riforma universitaria.

L'accesso per concorso, infine, ci pare sostanzialmente negativo per i 
motivi esposti in precedenza.

Saluti,
Alberto e Giovanni
P.S. Una brevissima osservazione sul verbale dell'ultima assemblea. 
Nella lista ei presenti, potresti scrivere il mio nome in modo corretto 
(Dellafiore e non Della Fiore)? Grazie, Alberto

-- 
Giovanni

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