Alessandro Pascolini

Il neutrone è il partner elettricamente neutro del protone con cui costruisce la materia esistente nell’universo. Enrico Fermi con i “ragazzi di via Panisperna” lo trasformò in un potente strumento per la produzione di sostanze radioattive artificiali per molteplici applicazioni, soprattutto mediche. I neutroni garantiscono le reazioni a catena nelle centrali atomiche e sono sempre più ampie le loro applicazioni per analisi non distruttive industriali, per la biologia, la diagnostica e terapia mediche, per controlli ambientali, analisi di opere d’arte e manufatti di valore storico e culturale, fino alla rilevazione delle mine antiuomo. Il neutrone venne scoperto nel 1932, un “annus mirabilis” della fisica.

1932, settant’anni fa: il mondo occidentale è stretto nella morsa della grande depressione, mentre in URSS dilaga la terribile carestia; Mohandas Gandhi inizia uno sciopero della fame contro la politica inglese verso l’India; il mondo si commuove per il rapimento e l’uccisione del figlio di Lindberg. Qualche speranza dall’elezione di Franklin Delano Roosevelt e dall’annuncio del suo “new deal”, dal completamento delle grandi dighe in USA sul Colorado, in Urss sul Dnjeper (Fig.1) e dalla bonifica dell’agro romano in Italia. La cultura sembra in un momento di attesa: la Bauhaus viene fatta chiudere dai nazisti, i quadri più significativi del 1932 sono di Picasso (Ragazza davanti lo specchio), Klee (Ad Parnassum), Mondrian (Composizione con due linee nere), Kandinski (Macchie sonore) (Fig. 2), Dalì (I desideri liquidi) e Ben Shan (La passione di Sacco e Vanzetti); in Italia si afferma l’architettura razionalista di Piacentini. Poche grandi opere letterarie: Roth (La marcia di Radetzky), Gramsci (Quaderni dal carcere), Steinbeck (I pascoli del cielo), Huxley (Il mondo nuovo), Lawrence (L’amante di Lady Chatterley), Quasimodo (Oboe sommerso), Hemingway (Morte nel pomeriggio), Hesse (Pellegrinaggio in oriente). Fra le opere musicali le partite di Dallapiccola e di Petrassi, le variazioni per orchestra di Hindemith, il concerto n. 5 di Prokofiev e il Mosè ed Aronne di Schoenberg.

Ci si consola con il grande cinema: trionfa Grand Hotel con Greta Garbo, Joan Crawford, John e Lionel Barrymore, Venere bionda con Marlene Dietrich e Cary Grant (Fig. 3), il coraggioso Scarface di Hughes, Tarzan con Weissmüller, The music box di Laurel e Hardy, e nella prima mostra del cinema a Venezia viene premiato La grande illusione di Jean Renoir, mentre Camerini produce Gli uomini che mascalzoni con De Sica. Approda ad Hollywood anche Betty Boop (7 film), in casa Disney nasce Goofy (Pippo) ed a Londra la provocante Jane di Hubbard.

A New York si apre Radio City Music Hall: Fred Astaire porta al successo Night and day di Cole Porter, Armstrong viene ribattezzato “Satchmo” e registra Home e Hobo, you can’t ride this train ed Ellington It don’t mean a thing; in Italia Petrolini lancia Gastone e Tanto pe’ canta, e De Sica Parlami d’amore Mariù.

È la fisica a dar luce al 1932 con una serie di fondamentali scoperte ed innovazioni: la scoperta del positrone, quella del deuterio e del neutrone (Fig. 4) e conseguentemente la comprensione del nucleo atomico, la prima reazione nucleare artificiale, gli acceleratori Cockroft-Walton ed il ciclotrone, i primi radioisotopi artificiali. Tutti eventi che hanno segnato la storia della fisica, chiarendo punti cruciali ed aprendo nuove strade alla nostra conoscenza del microcosmo. In questo numero ripercorriamo la scoperta del neutrone e le sue conseguenze.

Il neutrone, la scoperta

Il primo passo verso l’evidenza sperimentale dell’esistenza del neutrone risale al 1930 , quando Bothe e Beker a Berlino os-servarono una radiazione penetrante emessa da alcuni elementi leggeri in seguito ad irraggiamento con particelle alfa : essi ritennero di trovarsi di fronte a raggi gamma emessi dal nucleo in seguito all’assorbimento di un’alfa. Il nuovo fenomeno venne discusso nella Conferenza internazionale di fisica nucleare di Roma (ottobre 1931) ed attirò l’interesse di I. Curie e F. Joliot (Fig. 5) a Parigi e di H. C. Webster a Cambridge: va ricordato che allora le ricerche di fisica nucleare erano alla frontiera della scienza e si svolgevano di fatto in pochissime università. Webster osservò un comportamento della radiazione emessa incompatibile con quello dei fotoni e suggerì la possibilità che si potesse trattare di “corpuscoli veloci, per esempio di un protone ed un elettrone strettamente congiunti”, ma esami ulteriori lo convinsero ad abbandonare questa idea. I coniugi Joliot-Curie compirono a Parigi nel gennaio 1932 un passo determinante per la scoperta del neutrone. Poiché i “raggi gamma” secondari avevano molta energia, esaminarono la possibilità che potessero a loro volta produrre trasmutazioni nucleari: posero quindi fogli sottili di varie sostanze sulla traiettoria delle radiazioni per vedere se nuove particelle venivano così prodotte. Nel caso di sostanze ricche d’idrogeno poterono convincersi che una radiazione terziaria esisteva effettivamente: utilizzando un campo magnetico scoprirono che si trattava di protoni. I risultati da loro osservati non si conciliavano con quanto noto fino allora sull’interazione di fotoni con protoni; essendo certi che la radiazione secondaria fosse di raggi gamma (non erano a conoscenza del lavoro di Webster), ritennero di trovarsi di fronte ad un nuovo tipo di interazione fotone-protone.

I loro risultati spinsero James Chadwick (Fig. 6) ad una serie di esperimenti con un apparato in grado di osservare l’effetto di una singola particella ionizzante: scoprì così che la radiazione secondaria poteva produrre protoni anche interagendo con sostanze non idrogenate. Misure dettagliate del bilancio energetico lo portarono ad escludere la possibilità che si trattasse di fotoni, in base ai principi di conservazione dell’energia e della quantità di moto, per cui suggerì che la radiazione prodotta dal bombardamento delle alfa su nuclei leggeri fosse in realtà una nuova particella neutra e con massa analoga a quella del protone. I suoi risultati vennero presentati in una lettera a Nature, datata 17 febbraio 1932, intitolata “possibile esistenza del neutrone”, considerata universalmente come il certificato di nascita della nuova particella. Va osservato che Bothe e Beker non avevano del tutto torto: infatti, pochi mesi dopo la scoperta del neutrone, Franco Rasetti, allora a Berlino-Duhem a lavorare con Lise Meitner,potè provare che il berillio irraggiato da particelle alfa oltre a neutroni emette anche raggi gamma.

Neutrone, il nome

Chadwick nel suo articolo usa il nome “neutrone” per la sua particella senza alcuna esitazione, segno che il termine era già di uso corrente nella comunità scientifica. Il nome “neutrone” venne usato per la prima volta nel 1899 da William Sutherland per spiegare i raggi-X nell’ambito della teoria dell’etere, che allora si riteneva permeasse tutto l’universo quale supporto del campo elettromagnetico; Sutherland propose un etere composto da elettroni negativi e positivi, normalmente accoppiati a formare “l’analogo di una molecola materiale che potrebbe convenientemente venir chiamato neutrone”. La sua teoria era assolutamente fantasiosa e priva di alcuna base empirica e venne presto dimenticata, ma il nome rimase e ricomparve nel 1903 in un nuovo contesto nella quarta edizione del trattato di Walther Nernst Theoretische Chemie: per spiegare la conduzione elettrolitica dei liquidi egli introduce due particelle elementari prive di massa che chiama “elettroni positivi” e “negativi”, che si accoppiano appunto in un “neutrone”, una particella priva di massa, elettricamente isolante ma polarizzabile, del tutto analoga alla luce. Dalla scoperta della radioattività gamma nel 1900 fino agli esperimenti di diffrazione di Max von Laue del 1912, venne considerata accanto all’interpretazione elettromagnetica anche una corpuscolare costituita da “neutroni” dati da una coppia di elettroni di segno opposto. “Neutroni” pesanti, costituiti da una particella alfa, o da due atomi d’idrogeno, e due elettroni, vennero proposti quali componenti dei nuclei dall’olandese Antonius Johannes van der Broek nel 1913 per spiegare la radioattività alfa, e nel 1920 dall’americano William D. Harkins, che li chiamò “particelle mu”.

Ma l’introduzione più significativa del neutrone quale componente del nucleo atomico si deve a Ernest Rutherford (Fig. 7), che nella sua “lezione bakeriana” del 1920 tratteggiò magistralmente lo stato delle conoscenze dei nuclei atomici. Il nucleo di un atomo è caratterizzato dal “numero di massa A”, il numero intero più vicino al rapporto fra la massa dell’atomo e quella dell’atomo di idrogeno, e dal “numero atomico Z”, corrispondente al numero di elettroni atomici. Si conoscevano allora solo elettroni, di massa trascurabile e carica elettrica unitaria negativa, e protoni di carica unitaria positiva, per cui un nucleo caratterizzato dai numeri A e Z era necessariamente descritto come composto da A protoni, che fornivano la massa, e da A-Z elettroni, in modo da ridurre a Z unità la carica elettrica positiva. Nella sua lezione Rutherford considera la possibilità che un elettrone possa legare due protoni a formare un nucleo con A=2 e Z=1, un isotopo pesante dell’idrogeno, e che possa esistere anche un nucleo neutro con A=1 e Z=0 dato dall’unione di un elettrone con un protone. Rutherford considera in dettaglio le proprietà di questo “neutrone”, i processi che lo potrebbero produrre e gli esperimenti per osservarlo.

Di fatto Rutherford iniziò subito un programma sperimentale alla ricerca del neutrone, che a Cambridge non venne mai interrotto fino ai lavori del 1931 di Webster e la scoperta di Chadwick. Come abbiamo visto, i Joliot-Curier erano andati vicinissimi alla scoperta, mancata solo perché, secondo Joliot, non avevano letto la lezione di Rutherford, ma come ebbe a scrivere Edoardo Amaldi “in questo caso, come in molti altri, la Fortuna, prima di giocare i suoi dadi, seleziona saggiamente il livello delle persone coinvolte”.

Il nuovo paradigma del nucleo

La scoperta del neutrone come particella elementare permise subito di spazzare via molti problemi della struttura nucleare dovuti ai modelli basati sulla presenza di elettroni nei nuclei: lo stesso confinamento degli elettroni in un così piccolo volume, i momenti magnetici nucleari, le loro proprietà statistiche. Quest’ultimo punto merita particolare attenzione, anche perché fornì una chiave per meglio comprendere la natura esatta del neutrone. Siccome protoni ed elettroni sono entrambi fermioni , un nucleo composto da A protoni ed A-Z elettroni (in tutto da 2A-Z fermioni) è un fermione se Z è dispari e un bosone se Z è pari. Precise misure di Rasetti dello spettro Raman della molecola di azoto facevano concludere che l’azoto (A=14, Z=7) era un bosone, contro le previsioni del modello a protoni-elettroni. La proprietà è invece consistente col fatto che l’azoto sia composto da 7 protoni e 7 neutroni, in tutto un numero pari di fermioni. Questo risultato implica inoltre che il neutrone non sia composto da un protone ed un elettrone, ma sia una “particella elementare” per proprio conto, un fermione di spin 1/2 come gli elettroni ed i protoni. Presto Fermi mostrerà con la sua teoria del decadimento beta che il neutrone si disintegra in tre fermioni: un protone, un elettrone ed un anti-neutrino.

Tutto diveniva chiaro e consistente con un modello nucleare secondo cui un nucleo di numeri A e Z è costituito da Z protoni ed A-Z neutroni. Il primo a sviluppare questo modello fu D. Ivanenko in un articolo pubblicato su Nature nell’aprile del 1932, ma ad apprezzare a pieno l’importanza del nuovo paradigma furono Werner Heisenberg , Ettore Majorana e Eugene Wigner , che applicarono la meccanica quantistica alla descrizione delle proprietà nucleari. Poiché neutroni e protoni rimangono legati nel piccolissimo nucleo, è necessario che fra di essi si eserciti una forza in grado se non altro di contrastare la repulsione elettrostatica fra i protoni. I tre scienziati descrissero questa nuova forza in forme differenti, caratterizzate tutte da un cortissimo raggio d’azione; si tratta comunque del primo esempio di una forza che si esercita a livello delle particelle elementari e non possiede analogo classico: venne chiamata forza “nucleare” o “forte” . Heisenberg descrisse la forza nucleare come dovuta a scambio di “carica negativa” fra neutrone e protone, in analogia alle forze omopolari che legano le molecole; Majorana introdusse una forza di scambio delle coordinate ; Wigner propose invece un potenziale “ordinario” attrattivo, a corto ­ se non nullo ­ raggio d’azione. I tre potenziali spiegavano ciascuno parte delle proprietà nucleari, ma erano chiaramente insufficienti per una descrizione del ricchissimo universo nucleare, e vennero spesso utilizzate in varie combinazioni. Un significativo passo avanti si avrà solo nel 1936 con la teoria di Heideki Yukawa, costruita in analogia alla teoria di Fermi del decadimentobeta.

La risoluzione dei problemi del nucleo atomico conseguente alla scoperta del neutrone ebbe una grande importanza, non solo perché allargava la nostra conoscenza di questi sistemi naturali, ma perché contribuì a consolidare il quadro concettuale della meccanica quantistica a teoria fondamentale del microcosmo. Infatti le difficoltà del modello a protoni ed elettroni nascevano volendo applicare ad esso le leggi quantistiche individuate a livello atomico. La distanza fra le dimensioni atomiche e quelle nucleari è dello stesso ordine di quella che separa il macrocosmo ed il mondo atomico, per cui non esistevano ragioni cogenti a ritenere che l’universo nucleare non dovesse venir regolato da una nuova teoria, diversa sia dalla meccanica classica che da quella quantistica. Niels Bohr era affascinato da questa possibilità e pronto a rinunciare anche al fondamentale principio di conservazione dell’energia a livello nucleare. Sarà la teoria del decadimento beta di Fermi a eliminare del tutto questi ultimi dubbi a conferma della meccanica quantistica e della teoria quantistica della radiazione. Ma questo nel 1933, un altro grande anno per la fisica. Dimenticavo, nel ‘32 esce anche la Balilla, quella a tre marce.

Fig.1 L’eroina del lavoro Yevgenia Romanenko e la sua squadra sulla diga del Dnjeper

Fig.2 Vassili Kandinski, Macchie sonore

Fig.3 Marlene Dietrich in Venere bionda

Fig.4 Un fascio di neutroni prodotto dal ciclotrone da 184 pollici del laboratorio Lawrence a Berkeley (USA) entra dal basso in una camera a nebbia ove interagisco-no con nuclei di ossigeno e carbonio, producendo “stelle” di nuove particelle, mentre essi rimangono invisibili

Fig.5 Frédèric Joliot e Irène Curie nel loro laboratorio a Parigi (1934)

Fig.6 James Chadwick, lo scopritore del neutrone nel 1932

Fig.7 Ernest Rutherford