Acceleratore elettrostatico Cockcroft-Walton costruito a Roma nel 1939: fu il primo acceleratore italiano (1/2)
L'universo subnucleare è stato dischiuso alla nostra conoscenza dai raggi cosmici, e dal loro studio si son potute individuare le prime proprietà ed i problemi del nuovo livello della realtà fisica. Ma i raggi cosmici permisero solo un'esplorazione sommaria, sguardi furtivi su una realtà estremamente complessa.
Un'indagine adeguata delle strutture subnucleari richiede un esame dettagliato dei fenomeni e delle forme materiali fondamentali, in una grande varietà di condizioni prefissate e con un'alta frequenza di osservazione: solo acceleratori artificiali di particelle producono fasci delle sonde volute con la necessaria intensità e con caratteristiche ben determinate.
La ricerca subnucleare ha bisogno di acceleratori di energia sempre più elevata sia per ottenere delle sonde in grado di esaminare dettagli sempre più fini, sia per produrre concentrazioni di energia sufficienti perché avvengano i processi voluti e per materializzare l'energia in nuove forme materiali.
Le energie in gioco sono minime rispetto a quelle dell'esperienza quotidiana: per creare un protone, prototipo delle particelle pesanti, i barioni, occorre condensare l'energia di 1 GeV, un decimo dell'energia di un battito d'ali di farfalla. Ma le dimensioni spaziali in cui occorre concentrare le pur minime energie sono così piccole da sfuggire alla stessa intuizione: si misurano in fermi, ossia in milionesimi di miliardesimo di metro. Così concentrata l'energia di un battito d'ala equivale ad una temperatura di molti miliardi di gradi.