Giorgio Salvini

Enrico Fermi e Bruno Rossi

Il nostro Paese ha contribuito al progresso mondiale delle scienze nei primi decenni del secolo appena trascorso, con persone, iniziative, istituti di grande valore: dalla astronomia con Giovanni Schiaparelli e la sua scuola, alla chimica, con le ricerche che vanno da Stanislao Cannizzaro a Giulio Natta, alla biologia con Giovanni Battista Grassi, alla matematica, con le ispiratrici aperture anche verso la fisica quantistica e la relatività generale di Tullio Levi-Civita, alle ricerche di fisica fondamentale di Enrico Fermi e di Bruno Rossi.

La fermata per le leggi razziali, per la guerra e per i suoi disastri, rallentò e rischiò di compromettere il nostro cammino scientifico negli anni trenta e quaranta.

L'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare [nota 1] rappresenta la nostra volontà di ripresa per partecipare in modo concreto alla aspirazione europea, anzi mondiale, di accrescere il patrimonio scientifico del nostro pianeta, particolarmente, ma non solo, nel campo delle scienze fisiche. Nella convinzione che questa partecipazione è il modo più conveniente per difendere la nostra cultura, le nostre università, lo sviluppo dei nostri giovani ed i loro futuri posti di lavoro.

Inizierò un po’ alla lontana, da Enrico Fermi [nota 2] e da Bruno Rossi [nota 3] nei primi anni trenta del secolo appena trascorso.

Fermi, del quale abbiamo celebrato alcune settimane or sono il centenario della nascita, creò dal nulla la scuola di fisica del nucleo atomico con i suoi indimenticabili compagni ed allievi Rasetti, Amaldi, Segrè, Pontecorvo, d'Agostino. Egli è entrato nella storia della fisica mondiale con le scoperte sui neutroni, e con la teoria di un nuovo campo di forze, le forze deboli o fermiane (1933).

Bruno Rossi, anch'egli ancor giovanissimo, apre la nostra ricerca nel campo dei raggi cosmici, guidando il “gruppo di Arcetri”. Un gruppo di giovani ricercatori che si aggregò intorno a Bruno Rossi ed a Gilberto Bernardini, assistenti di Persico, nel 1928. Con essi ritroviamo Giuseppe Occhialini, [nota 4] un altro nostro grande, Bocciarelli, Racah.

[nota 1] G. Battimelli (cur.), L'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laterza, 2001.

[nota 2] Conoscere Fermi a cura di C. Bernardini e L. Bonolis, Editrice Compositori, 2001. Si riportano venti note di protagonisti della fisica italiana, dedicate ad illustrare l'attività scientifica di Enrico Fermi.

[nota 3] B. Rossi, Momenti di vita di uno scienziato, Zanichelli, 1991.

[nota 4] Mi permetto di ricordare di questo illustre fisico che guardava con ammirazione ai nuovi giovani ricercatori di Arcetri ed al loro imprevedibile modo di lavorare, una sua celebre amichevole frase: "Gilberto Bernardini è il necessario anello di congiunzione tra Giuseppe Occhialini e l'uomo".



Le prime ricerche per stabilire un Centro Nazionale

Obiettivo di queste due scuole, di Firenze e di Roma, era chiaramente lo studio degli atomi, dei nuclei e delle nuove radiazioni. La fisica dei raggi cosmici sembrava felicemente avviata.

Per quanto riguarda la fisica nucleare divenne chiaro dopo i successi romani del 1932 - 35, che occorrevano nuovi mezzi per lo studio del nucleo atomico. In particolare Fermi cercò in quegli anni di fondare un Laboratorio nazionale che fosse sede di un acceleratore di particelle. Esso era ormai necessario per competere con i paesi più avanzati, Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti, che in quegli anni erano già riusciti a disporre di questi nuovi mezzi. Siamo agli anni 1937-38.

Ma proprio allora si abbattè sul nostro Paese la follia fascista delle leggi razziali. Rossi venne scacciato dalla università di Padova perchè era ebreo. Fermi, non ebreo ma con una moglie ebrea, la nostra Laura Fermi Capón, lasciò l'Italia sulla via del suo premio Nobel; Levi Civita venne scacciato dalle università, ed analoga sorte toccò a Giulio Racah, Ugo Fano e molti altri di Padova e Roma. Il progetto di una nuova macchina fu ridotto a un acceleratore elettrostatico curato da Amaldi e Rasetti. Sembrò che in Italia, con Segrè, Pontecorvo, Rasetti, Rossi fuggiaschi o emigrati , tutto il buono conquistato dal nostro Paese fosse disfatto. [nota 5]

Non posso raccontare questa storia che a brani, ma da questo disastro della guera nasce la ripresa del nostro Paese, e quello che sarà poi l’INFN.

[nota 5] E. Amaldi The years of reconstruction, Scientia, 114,1979; G. Battimelli and G. Paoloni XXth Century Physics. Essays and recollections. World Scientific

La Ricostruzione

Tra i fisici rimasti che lavorarono alla ricostruzione dopo il 1943 - 45 debbo ricordare in particolare Edoardo Amaldi e Gilberto Bernardini. Essi sono solo il segno più rilevante della nostra ripresa. Fatemi solo ricordare una ricerca sperimentale romana nata sotto i bombardamenti e risultata trionfante nel 1946, per i suoi risultati precisi e per l'illuminazione ad essa portata da Fermi, Teller, Weisskopf, ai quali Amaldi riportò immediatamente i risultati. Mi riferisco alla scoperta all' università di Roma di Marcello Conversi, Ettore Pancini, Oreste Piccioni. [nota 6]

Essi trovarono che i mesoni dei raggi cosmici (i leptoni mu di oggi) erano diversi dalle particelle nucleari quali i protoni ed i neutroni. Una scoperta fondamentale, che congiunta alla scoperta dei veri mesoni nucleari, i pioni, diede un primo contributo fondamentale alle nostre conoscenze nucleari.

Debbo ricordare che gli anni della ricostruzione, dal 1945, sono stati intensi e bene spesi dal nostro Paese. Sono stato testimone dal 1943, [nota 7] quando il nostro esercito (ero sottotenente dei Genio Alpini) si sfasciò, ed io vissi nascosto in Milano, ma pur impegnato nella ricerca fisica, ospitato coraggiosamente da Giovanni Polvani e da Giuseppe Bolla nel loro istituto.

[nota 6] M. Conversi, E.Pancini, O. Piccioni Phys. Rev. 71, 1947, pg. 209.

[nota 7] G. Salvini e P.Tucci, Guido Tagliaferri fisico, storico, umanista, Il nuovo saggiatore, vol. XVI (2000) n. 5, 6.



Nascita dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

I fisici delle principali Università italiane furono dunque capaci, in quegli anni 1945-1950, di lavorare insieme per fare nascere ufficialmente quell'organismo nazionale di ricerca fondamentale che ho detto. Non posso entrare nelle inevitabili difficoltà di inserire il nuovo Istituto nel quadro degli istituti e delle organizzazioni di ricerca ormai esistenti. Esse non furono poche. Dirò semplicemente che, per favorire la ricerca fondamentale, Gustavo Colonnetti, Presidente del CNR, Edoardo Amaldi ed il Comitato della fisica, diedero finalmente vita ad un apposito Istituto. È l'8 agosto 1951, e l'Istituto prende il nome di Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Compito dell'Istituto era “il coordinamento dell'attività scientifica del centro per la fisica nucleare costituito in Roma, del centro di studi degli ioni veloci costituito in Padova, del centro teorico di fisica nucleare costituito a Torino.”

Ed ecco che finalmente nasce anche il Laboratorio Nazionale da tempo atteso, con una macchina acceleratrice di assoluto livello internazionale

I Laboratori di Frascati

Non è stata una scelta senza discussione. Lo stesso Fermi interpellato [nota 8] aveva consigliato di tenerci alti in energia, almeno 600 MeV (arrivammo in realtà a 1100 MeV, quasi nascondendo ufficialmente questo massimo limite).

La decisione finale si prese il 19 gennaio 1953. Si decise su proposta di Gilberto Bernardini di dotare l’INFN con una macchina acceleratrice di elettroni di 500 - 1000 MeV.

Per realizzare la macchina venne deciso di costituire un gruppo ad hoc. Dice il verbale:"dopo alcuni scambi di idee il Presidente propose di affidare la direzione della costruzione della macchina a Giorgio Salvini dell'università di Pisa. La proposta venne accolta all'unanimità”.

Formammo il gruppo. Decidemmo che si trattava di una fisica nuova, e che la cosa importante era di avere giovani intelligenti e di buona volontà, molto più che persone già esperte di quella macchina. Feci con Gilberto un primo giro per l'Italia, e raccolsi un gruppo di fisici ed ingegneri che rispondono ai nomi di Fernando Amman, Carlo Bernardini, Giordano Diambrini, Giorgio Ghigo, Mario Puglisi, Giancarlo Sacerdoti ed altri. Queste persone erano tutti "primi della classe”, [nota 9] e divennero il nucleo centrale dell'iniziativa, insieme ad alcuni fisici già affermati che avevano all'incirca la mia età, e che come me non avevano mai costruito sincrotroni. Così si formò una base di ventiquattrenni o meno, un piano di trentacinquenni, e in cima a tutti c'era Enrico Persico, l'amico indimenticabile di Fermi, che è stato il teorico capo del gruppo, e che ha diretto la preparazione teorica della macchina.

Due grosse decisioni ci attendevano. Una era la scelta della macchina, se circolare o lineare (cioè elettrosincrotrone o acceleratore lineare); l'altra, più lenta e tormentosa, la scelta della sede. Quanto alla scelta della macchina, scegliemmo la macchina circolare.

La decisione sulla città oscillò tra Milano, Pisa, Lucca, Roma. È una pagina commovente della nostra storia patria, un gioco onesto, intenso, ostinato. Come è noto la scelta cadde su Frascati, dove adesso ci sono ampi impianti scientifici. Ma allora non c'era niente: un campo di barbatelle, senza acqua e senza strade.

Siamo nel 1954. Rivedo i camion che ci portano da una sede all'altra, su un tratturo sgangherato. Mi viene voglia di inseguirli - ma non ho più il fiato per farlo - e di gridargli dietro: "Ragazzi, siete stati fortunati! Ringraziate il Paese che vi ha creduto, incoraggiato, aiutato !” Perché questo è stato il vero miracolo di questi anni. E se non ero io, si trovava un altro.

Il racconto della vicenda che portò al completamento del Sincrotrone ed alla sua messa a disposizione per le ricerche alla fine del 1958 è trattato in molti resoconti e forse sin troppo generosamente. Ma anche in altri campi intanto il mio paese aveva continuato con notevoli successi. Fatemi dire di essi.

[nota 8] Enrico Fermi seguì nel periodo 1938-1948, particolarmente attraverso la sua corrispondenza con E.Amaldi, l'evoluzione dei programmi scientifici italiani e dei risultati.

[nota 9] L'elettrosincrotrone ed i Laboratori di Frascati, a cura di G: Salvini, Bologna, 1962. In questo libro è riportata la costituzione del gruppo sincrotrone, costituito nel 1953-55. In particolare vogliamo ricordare Italo Federico Quercia, che è stato direttore di Frascati dopo il mandato di Salvini; Mario Ageno e Ruggero Querzoli, che dall'Istituto Fisico della Sanità seguirono e continuamente consigliarono i nostri lavori.



I calcolatori elettronici

Il seme gettato da Enrico Fermi nel 1954 a Varenna, con poca enfasi ed immenso contenuto (fate un calcolatore elettronico!), proliferò per merito di Conversi e di altri. Fermi incoraggiò una iniziativa in Pisa per impiegare utilmente i fondi disponibili, ormai non impiegati per ospitare in Toscana il sincrotrone assegnato a Frascati. Si lavorò intensamente a creare una prima calcolatrice pisana (C E P).

Con questo intento nacque in Pisa, diretto da Marcello Conversi, il Centro di studi sulle calcolatrici elettroniche, CSCE. Un primo prototipo era pronto nel 1958, ed esso venne assunto e potenziato dalla Olivetti, che si servì di esperti internazionali. Si arrivò così all' "ELEA 9003", la prima calcolatrice elettronica commerciale, capostipite di tutta una serie.

Nel luglio 1962 il CSCE venne trasferito alle dipendenze del CNR: il primo passo di una vicenda istituzionale che lo avrebbe portato a diventare l'attuale Istituto per l'Elaborazione della Informazione.

Mi sono soffermato su questa vicenda per sottolineare l'importanza di fare le cose in casa: si acquista una fiducia in se stessi che permette di puntare a qualunque traguardo. Anzi, mi permetto una opinione personale. Qualunque Paese è in grado di fare qualunque pur difficile oggetto, civile, o purtroppo, militare. Per alcuni Paesi occorrono alcuni (tre, cinque) anni di scuola e di severa preparazione. Non per l'Italia, dove i limiti per qualunque impresa non sono certo di cultura, ma di carattere, di effettiva volontà, di fiducia.

Ma imparai anche, fatemelo dire perché è una osservazione generale che riguarda la nostra cultura, che la collaborazione dei fisici e degli ingegneri come erano allora sfornati dalle università italiane era una carta vincente, teorica e sperimentale, della nostra cultura scientifica e tecnica.


Il generale progresso delle ricerche italiane, negli anni cinquanta, sessanta

In questo periodo 1955-60 debbo ricordare il notevole progresso delle ricerche nel campo della fisica nucleare applicata. In particolare ricordo gli sviluppi del CISE, e l'impianto e l'acquisto all'estero di reattori nucleari.

Gli studi sull'impiego a fini civili dell'energia nucleare in Italia trae origine da un movimento di pensiero nato sin dal 1946 a Milano, il CISE, Centro Italiano di Studi ed Esperienze. [nota 10]

Da qui si arrivò dunque negli anni sessanta, ad avere in Italia le prime centrali nucleari.

Questo sforzo e questo impegno arrivarono presto a toccare un problema più ampio e meno angelico dei nostri fini scientifici: intendo il problema della nazionalizzazione dell'energia elettrica in Italia. Questo problema porterà anche ad un famoso processo, che sembrava destinato a soqquadrare la ricerca italiana. Non lo voglio commentare qui, anche perché il suo esito è sufficientemente eloquente. Debbo però sottolineare che l’INFN restò sostanzialmente estraneo ad esso.

[nota 10] Il CISE ha avuto nel suo nascere l'appoggio concorde delle università e dell'industria italiana.




Il progresso dell’INFN: la fisica nucleare

Ma dobbiamo parlare di una questione fondamentale che negli anni 1960-68 impegnò a fondo la struttura ed i programmi dell' INFN.

Si tratta del giusto equilibrio tra le spese e gli impegni per le ricerche di fisica delle particelle elementari, le ricerche di fisica nucleare, le ricerche di struttura della materia e di elettronica. L'interesse per le ricerca nucleare fondamentale (quella che, dopotutto, diede il nome all'INFN) era cresciuto, e si era sempre più distinto dalla ricerca applicata, alla quale erano orientati il CISE e successivamente l' EURATOM. [nota 11] Sicché provenivano giustamente dalla base dei fisici le richieste di creare nuovi laboratori nucleari.

Sotto la presidenza Amaldi si decise un Piano Quinquennale per la ricerca fisica in Italia. [nota 12] Questo piano era possibile e necessario, considerando il sorgere spontaneo di iniziative nucleari in varie sedi dell’INFN. In particolare esemplifico, in modo pur incompleto, ricordando:

- a Torino, Genova, Pavia, l'attività di ricerca nucleare centrata su un sincrotrone da 100 MeV;

- a Padova, dalla metà degli anni cinquanta, lo sviluppo della fisica dei nuclei, oltre la fruttuosa attività già in corso nel campo dei raggi cosmici ; [nota 13]

- a Milano, fu costituito un polo importante di ricerca nucleare negli anni ‘60. Infatti si realizzò una macchina originale, nell'ambito della nuova sede dell'Istituto di Scienze Fisiche dell'Università. Questa macchina era un notevole esempio di acceleratore relativistico per protoni da 45 MeV a settori focheggianti.

Gli anni cinquanta-sessanta dell'INFN furono anni di progresso e scoperte scientifiche significative, non solo nei laboratori nazionali ma in tutte le sedi. Ricordo il progresso degli studi teorici e delle ricerche sperimentali nelle sezioni, in una collaborazione ormai europea.

Un esempio della ricerca ormai mondiale sui problemi fondamentali, può essere la ricerca degli antiprotoni, l'elemento sicuro per confermare l'esistenza ormai teoricamente accertata dell'antimateria. La sicurezza dell'evidenza degli antiprotoni venne nel 1955. Lo si può insieme considerare un risultato ovvio ed un trionfo della nostra capacità teorica di prevedere.

Ed è altrettanto giusto ricordare la partecipazione italiana alla scoperta di nuove particelle nei raggi cosmici. Un puzzle di scoperte senza una spiegazione teorica definitiva. Colgo l'occasione per ricordare, en passant, che i meriti delle scoperte in fisica fondamentale sono ugualmente divisi tra uomini e donne, in Italia ed in tutta Europa.

[nota 11] G. Salvini, L'attività di ricerca dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare negli anni 1966-1969. Discorso presentato allo scadere del suo mandato di Presidenza.

[nota 12] Relazione di Edoardo Amaldi alla seduta pubblica del Consiglio Direttivo dell'INFN, 25 Marzo 1966.

[nota 13] C. Villi, La Fisica nucleare fondamentale in Italia (1970- 1975), 1976.


AdA, ADONE.

Le ricerche in Frascati procedettero con vari successi negli anni sessanta. Ma il fatto che ha più consegnato questo laboratorio all'immortalità, sinora, è l'anello di accumulazione AdA. Esso fu un programma lanciato nel 1960, e da me difeso quando ero ancora direttore.

Ma il grande merito della invenzione e della rapida e limpida esecuzione va al nostro professore austriaco Bruno Touschek, che propose e difese questa nuova via, ed ai suoi collaboratori Carlo Bernardini, Gianfranco Corazza, Giorgio Ghigo, Ruggero Querzoli. Erano gli stessi fisici ed ingegneri che avevano costruito il nostro bel sincrotrone, e questo spiega che in brevissimo tempo (un anno) AdA andasse a compimento. L'idea di base, semplice e tecnicamente molto difficile, era di studiare e produrre ogni tipo di particella partendo dall'urto di elettroni contro antielettroni (positoni), [nota 14] circolanti in verso opposto nella stessa camera a vuoto.

AdA (Anello di Accumulazione), come Ghigo immediatamente propose, è il punto di partenza di tutti gli anelli elettrone-positone che producono una limpida creazione di particelle nuove, per annichilazione: una particella insieme ad una antiparticella. [nota 15] Da AdA discese ADONE, un acceleratore basato sugli stessi principi di AdA, ma di energia elevata, tremila MeV nel centro di massa. Esso venne costruito in Frascati nel 1962-70 e riuscì a studiare nuovi processi.

ADONE si sviluppò in anni di acuta sofferenza del nostro Paese. Era sorto un processo, il caso Ippolito, al quale ho prima accennato. È certo che ADONE cominciò a funzionare con almeno due anni di ritardo rispetto al previsto. Debbo collegare questi ritardi ai disordini - scioperi, proteste, etc.- che traversarono l’Italia e l’Europa. Il finale successo di ADONE degli anni ‘70 fu un merito di Fernando Amman, direttore del progetto, e di Bruno Touschek, illuminato teorico nello studio dei fasci.

Tutta Italia partecipò con i suoi fisici sperimentali e teorici a quegli anni intensi: nascevano nuove strutture elementari per spiegare il mistero della struttura dei nucleoni, e questo portava ad una rappresentazione nuova delle possibili particelle elementari. Essi erano leptoni, quark e gluoni, che legandosi tra loro formavano quelle strutture, protoni, neutroni, mesoni, che si pensavano sino ad ieri come particelle elementari. Questo portava ad un possibile subbuglio o reinterpretazione dei processi di annichilazione elettrone-positone.

Questo scientifico benefico subbuglio venne da noi immediatamente colto: è la produzione multiadronica, osservata per la prima volta nel mondo in Frascati, e che è da ascrivere tra i successi teorici e sperimentali della fisica italiana.

Ma dove la sorte non ci sorrise, in Frascati, fu nella scoperta più significativa di quegli anni la particella J/ Y. [nota 16] Questa particella aveva una massa fuori, di poco, dalla nostra gettata. La sua massa corrispondeva ad una energia di riposo di 3100 MeV, rispetto ai tremila massimi di Adone.

[nota 14] Per i puristi il termine corretto è positone. Per altri è ormai corretto e nell'uso, positrone.

[nota 15] Frascati Physics series: ADONE, A Milestone on the particle way. Ed. V. Valente (Poligrafico Laziale), 1993. Vedi l'accurata bibliografia relativa ad AdA ed ADONE contenuta nell'opera.

[nota 16] Ci giunse notizia che questa particella era lí, vicina a noi, poiché due macchine che potevano arrivare e superare quella energia l'avevano osservata. Sicché forzammo rischiosamente la macchina, che gia ansimava a tremila MeV, per vederla. La vedemmo subito, ed entrammo così nel famoso trittico di annuncio della J/Y sulla prestigiosa rivista Physical Review con i nostri dati raccolti ed evidenti, in poche ore. Ma dicemmo nella nostra nota che l'avevamo saputo da altri laboratori, e non avevamo diritto ad una priorità nella scoperta. Mi rallegro anche oggi della nostra onestà e della nostra prontezza.




La personalità giuridica dell'INFN

Una questione di crescente importanza era la mancata soluzione dei problemi normativi e di personalità giuridica che continuavano a pesare sull' INFN, dopo i rifacimenti conseguenti al processo Ippolito. (Noi eravamo figli carissimi e rispettati della cultura italiana: ma di quale Padre, od Ente?) Amaldi e Salvini vennero incaricati di chiarire questo problema. Riporto l'opinione di Amaldi: “Numerosi colloqui e contatti epistolari sono stati presi da Salvini e da me con alti burocrati, parlamentari e membri del governo durante tutto il 1965. Ma nonostante la comprensione e l'interesse riscontrati dovunque, il problema è rimasto insoluto, dando a volte la sensazione della inanità delle azioni umane, in una atmosfera che richiamerebbe una cadenza kafkiana, se non si svolgesse nel sole e nella pioggia di Roma. Questo problema costituisce senza alcun dubbio la più importante questione che con rammarico lascio aperta alla fine del mio mandato.”

Dal gennaio 1966 la presidenza dell' INFN era stata assunta da Salvini, che ora vi parla.

E fui io a portare a soluzione il problema normativo ereditato da Amaldi. Nella primavera del 1967 comunicai al mio ministro dell'industria e Presidente del CNEN onorevole Giulio Andreotti, che in assenza di un chiarimento sulla posizione giuridica dell'Istituto, avrei chiesto a lui, mio ministro, una precisa autorizzazione ad esercitare i miei poteri di firma, a cominciare da quelli relativi al pagamento degli imminenti stipendi. Debbo dire che ritenni questa mossa certamente rischiosa per me, ma pur con la speranza della comprensione e della capacità di agire del mio governo.

L'onorevole Andreotti mi chiese di firmare ancora, per questa volta, e si impegnò a risolvere il problema prima della firma successiva. Io gli credetti, perché ho sempre pensato che se un Ministro fa una promessa si ritiene vincolato. Firmai gli stipendi, e qui cominciò un lavoro che sulle prime sembrava semplice, e poi divenne impegnativo ed intensissimo. Si nominò subito un gruppo di lavoro, per la preparazione di un decreto ministeriale di riordinamento dell'INFN del quale facevano parte il Capo di Gabinetto Franco Piga, navigatissimo onestissimo Consigliere di Stato; Icilio Agostini, responsabile amministrativo dell'INFN, al quale debbo molta gratitudine anche per questo sottile lavoro, oltre che per quarant'anni di attività insieme al servizio della ricerca. Il testo concordato che qui non riporto ma che fa parte dei documenti fondamentali dell'INFN, fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell' 8 settembre 1967. Molti commenti urgerebbero su questa vicenda. Ma è certo che essa aumentò la nostra fiducia nel nostro lavoro.






Collaborazione col CERN

Gli anni sessanta-settanta sono anni straordinari nella storia della fisica delle particelle elementari. Sono anni importanti di successi e di continua intesa tra le diverse nazioni, e per noi dell'INFN di magnifica intesa col CERN.

Eccoci al CERN. Dicevo che l’ INFN è nato con una vocazione mondiale, per espandere il nostro pensiero scientifico al di fuori dei nostri confini nazionali. Questo è vero per ogni aspirazione scientifica possente. Ma fatemi spendere due parole sul CERN. Esso nasce negli anni cinquanta ad opera di illuminati fisici francesi, italiani, inglesi. Ma qui mi permetto di sottolineare il contributo fondamentale di Edoardo Amaldi, segretario ed organizzatore dell'impresa .

Il CERN è nato dagli stati europei, ma poi la collaborazione si è estesa a tutto il mondo, ha scavalcato barriere e cortine di ferro, ha saldato la cultura scientifica in modi nuovi, che mi portano a guardare con ammirazione questa mia vecchia giovanissima Europa.


Questi ultimi decenni. Le grandi imprese

Una caratteristica particolare, in questi ultimi decenni dell' INFN è stato il coraggio, pur oculato, di entrare in imprese di ricerca impossibili ad un solo paese.

La funzione dell' INFN in queste grandi partecipazioni degli ultimi decenni è già stata illustrata da Enzo Iarocci nel precedente discorso.

Ho cercato di dare senso alla storia dell'INFN in questi suoi cinquanta anni di vita, e l'ho trovato nella volontà permanente di partecipare alle fondamentali ricerche di fisica nel mondo, spesso suggerendole ed impostandole. È una rete amplisima ed affascinante.

Ma vorrei chiudere sottolineando un filo conduttore che si rifà ancora a Fermi. [nota 17]

Infatti le grandi ricerche sperimentali di oggi sono anche dettate dalla necessità di spiegare sino in fondo la teoria delle interazioni deboli iniziata da Enrico Fermi negli anni trenta. Altrettanto vale per le più sottili ricerche al CERN di questi anni. Su questa linea troviamo le intuizioni di Gianni Puppi e Bruno Pontecorvo, la proposta di Pontecorvo delle oscillazioni di stato tra i neutrini, la fondamentale teoria di Nicola Cabibbo, la decisione del presidente dell'INFN Antonino Zichichi di aprire i Laboratori Sotterranei nel Gran Sasso, la rottura di simmetria. Un insieme di grandi risultati in continuo sviluppo che ci affaccia ad un futuro ancora ignoto e che sarà irresistibile esplorare.

[nota 17] G. Salvini. Discorso di apertura alle celebrazioni Fermiane del 29 Settembre - 2 Ottobre in Roma: Enrico Fermi, una Guida in un secolo tormentato.

Conclusioni

Ho raccontato l'origine e la storia di questo nostro Istituto. Essa è in realtà la storia dell'Europa scientifica di questi anni, vista da una angolatura inevitabilmente nazionale. Ma fatemi ribadire che mentre racconto queste nostre cose è davanti a me quanto hanno fatto le altre nazioni in Europa, Inghilterra, Francia, Germania, Russia, per citarne alcune. Quanto hanno fatto gli Stati Uniti, che hanno fuso nel loro crogiuolo la capacità dei geni migliori di tanti paesi; quanto ha fatto il Giappone, nel suo formidabile galoppo di questi trent'anni. E quanto è necessario per il nostro Paese che l'INFN, dopo i suoi primi cinquanta intensissimi anni, continui sulla sua via.

Ma basta così. Siamo come marinai su una nave in piena navigazione, che hanno visto nuove terre e mari, e sanno che altre scoperte verranno. Molto abbiamo capito e ormai sappiamo; ma non sappiamo quanto e che cosa ancora non sappiamo.