Alessandro Pascolini

In un anno privo di grandi colpi di scena politici, culturali od artistici, la fisica mette a segno due fondamentali scoperte, con enormi conseguenze per gli sviluppi successivi: come la scoperta del neutrone chiarì la struttura dei nuclei atomici e permise lo sviluppo della fisica nucleare, così quella del positrone, l'elettrone positivo, introdusse l'antimateria sul palcoscenico della scienza, aprendo problematiche che sono tuttora alla base del nostro quadro concettuale del microcosmo. La storia della scoperta ci dà inoltre modo di considerare come si intreccino realmente fra loro programmi di ricerca sperimentali e teorici, al di là di ricostruzioni superficiali

La scoperta del positrone

Il programma di ricerca di Robert A. Millikan al Californian Institute of Technology (Caltech) dalla metà degli anni '20 era chiaro: raccogliere tutte le possibili informazioni sulla radiazione che giunge alla terra dal cosmo per studiarne la natura, o meglio per confermare la propria ipotesi che i "raggi cosmici" -così li aveva lui stesso battezzati - fossero una forma di radiazione elettromagnetica di altissima energia, prodotta in reazioni nucleari di sintesi di elementi pesanti dall'idrogeno, il primo vagito della materia appena nata. Il gruppo di Millikan fece misure nelle più svariate condizioni (Fig. 1): dal livello del mare all'alta montagna, con palloni, aerei, sott'acqua, sempre in competizione con le ricerche di Arthur Compton di Chicago, convinto assertore della natura particellare dei raggi cosmici. La competizione fra le due scuole uscì dagli ambienti scientifici e raggiunse la stampa, che provvide ad amplificarla, impressionando l'opinione pubblica americana, che non immaginava la possibilità di contrasti tanto aspri fra scienziati. Per misurare l'energia dei raggi cosmici secondari, prodotti in seguito ad urti con nuclei atomici nell'alta atmosfera, Millikan affidò nel 1930 ad uno dei suoi dottorandi, Carl Anderson, il compito di costruire un rivelatore costituito da una camera a nebbia inserita in un potente elettromagnete (Fig. 2): nella camera a nebbia le particelle cariche lasciano una striscia di goccioline lungo la loro traiettoria, che può venir fotografata; il campo magnetico deflette le particelle elettricamente cariche a seconda della loro carica, con raggi di curvatura che dipendono, oltre che dall'intensità del campo magnetico, dalla loro quantità di moto: la curvatura è maggiore per particelle lente o leggere, minore per quelle veloci o pesanti. I primi risultati con la camera a nebbia nel magnete furono drammatici e completamente inaspettati, ricorda Anderson . C'era approssimativamente lo stesso numero di particelle con carica positiva e negativa, in totale contrasto con ciò che aspettavamo: elettroni generati nell'assorbimento dei fotoni di alta energia. Anderson concentrò la sua attenzione sulle particelle positive, che risultavano tutte di carica elettrica unitaria. Alcune di esse erano chiaramente protoni -le uniche particelle di carica elettrica positiva unitaria allora conosciute- ma la maggior parte erano troppo leggere per essere protoni . Le interpretazioni alternative, continua Anderson, erano: o elettroni che si muovevano verso l'alto o qualche particella leggera sconosciuta di carica positiva che si muoveva verso il basso. Nello spirito del conservatorismo scientifico, inizialmente tendemmo verso la prima ipotesi. Millikan invece insisteva a considerare le tracce positive dovute a protoni provenienti dall'alto, dato che solo raramente i raggi cosmici provengono dal basso. Ma restava il problema della massa troppo elevata. Per risolvere l'apparente paradosso Anderson inserì un foglio di piombo nel mezzo della camera, in modo da far perder energia alle particelle che lo attraversavano e quindi discriminare quelle provenienti dal basso da quelle provenienti dall'alto. Ben presto ottenemmo un bell'esempio di una particella leggera positiva che attraversava la camera dal basso verso l'alto (Fig. 3). Ulteriori osservazioni permisero ad Anderson di annunciare su Science l'apparente esistenza di particelle positive facilmente deviabili : era il settembre 1932, il positrone era stato scoperto.

Da dove vengono?

Una volta scoperti, occorreva capire quale fosse lo status dei positroni nel quadro concettuale della fisica del 1932 e cosa li producesse. Mentre i protoni ed i neutroni, scoperti anche quest'ultimi nel 1932, trovavano una precisa collocazione nella struttura dei nuclei atomici, risolvendo problemi annosi, e gli elettroni erano la particella fondamentale per antonomasia, i nuovi venuti non entravano nella composizione della materia ordinaria e, con la loro stessa esistenza, apparentemente priva di senso, creavano problemi. Anderson nel suo articolo "L'elettrone positivo" del febbraio 1933 suggerisce come ipotesi più probabile che i positroni siano particelle emesse da nuclei atomici colpiti dai raggi cosmici primari, supponendo peculiari processi di interazione. In questo articolo introduce il nome "positron" come contrazione di "positive electron" (elettrone positivo) e per simmetria suggerisce di cambiare il nome dell'elettrone in "negatron" contraendo "negative electron": il primo termine entrò nell'uso, mentre la pretesa di ribattezzare l'elettrone che aveva già oltre 30 anni di gloriosa esistenza venne -fortunatamente- ignorata dalla comunità scientifica. Più tardi Anderson giudicherà infelice anche la prima scelta. La risposta corretta sul processo di creazione dei positroni venne nel giro di breve tempo dal laboratorio Cavendish di Cambridge, dove dal 1931 Patrick Blackett e Giuseppe Occhialini stavano conducendo un programma di ricerche analogo a quello di Anderson, ma con un apparato "più intelligente". Come disse Blackett, Occhialini ed io decidemmo di sviluppare un metodo che costringesse i raggi cosmici a farsi la loro stessa foto, utilizzando contatori Geiger ed il circuito di coincidenza sviluppato da Bruno Rossi a Firenze nel 1930. I segnali simultanei di contatori Geiger posti sopra e sotto la camera, discriminati dal circuito di Rossi, facevano espandere la camera: i tempi erano tanto rapidi che le tracce dei raggi cosmici nella camera potevano venir fotografati. In questo modo l'80% delle foto raccolte erano significative, permettendo serie campagne di ricerca . Nell'autunno 1932 Occhialini ed io, col nostro apparato, raccogliemmo circa 700 foto di raggi cosmici, nelle quali l'aspetto più straordinario erano gruppi di raggi associati, tanto da costituire un nuovo fenomeno e meritare un nome: 'sciami' di raggi cosmici... Le nuove particelle scoperte da Anderson comparivano in sciami assieme approssimativamente allo stesso numero di elettroni (Fig. 4). Questo fatto e la certezza che gli elettroni positivi non sono costituenti della materia ordinaria ci portarono inevitabilmente a concludere che gli elettroni negativi e positivi erano generati assieme in collisioni iniziate da raggi cosmici di alta energia. In questo modo Blackett ed Occhialini provarono sperimentalmente per la prima volta la trasformazione di radiazione in materia, come previsto dalla relazione di Einstein. Nel loro lavoro pubblicato nella primavera del 1933 , i due autori si pongono il problema della sorte dei positroni una volta creati e concludono che essi scompaiano in seguito a reazione con elettroni negativi a formare quanti di luce, come previsto dalla teoria dell'elettrone di Dirac. Entra così sulla scena un nuovo protagonista, rimasto finora fra le quinte: il fisico teorico Paul Adrienne Maurice Dirac (Fig. 5) impegnato dal 1928 ad interpretare le conseguenze inattese e controverse della sua fondamentale equazione, che d'altra parte risolveva in modo elegante il problema di rendere la meccanica quantistica consistente con la teoria della relatività.

Paul Dirac e la sua teoria dell'elettrone

Gli elettroni atomici ed i raggi cosmici si muovono a velocità prossime a quelle della luce, per cui la loro dinamica deve venir descritta dalla teoria della relatività speciale di Einstein, come messo in evidenza sperimentalmente, ad esempio, dalla struttura fine dello spettro dell'idrogeno. D'altra parte i microoggetti sono sottoposti alle prescrizioni della meccanica quantistica, per cui l'unificazione delle due teorie costituiva nella seconda metà degli anni '20 una delle maggiori sfide per i fisici teorici. La meccanica quantistica di fatto era nata da argomenti relativistici (di Louis de Broglie) e da un'equazione (diSchroedinger) che in origine era formulata in termini relativistici, ampiamente studiata dal 1926 da Schroedinger, Oskar Klein, Walter Gordon ed altri. Ma tali equazioni non erano in grado di descrivere il comportamento dell'elettrone e ponevano problemi di interpretazione e di consistenza del formalismo. Il giovane Dirac si mosse autonomamente e giunse ad una equazione quantisticamente corretta e consistente con la teoria della relatività, che venne pubblicata nei Proceedings of the Royal Society of London il 2 gennaio 1928, col titolo "La teoria quantistica dell'elettrone". Il successo dell'equazione stava, oltre che nella sua intrinseca bellezza e coerenza, nei risultati che ne derivavano: lo spin dell'elettrone, come pure il corretto valore del suo momento magnetico apparivano una conseguenza naturale dell'equazione, che, applicata all'atomo d'idrogeno, forniva la formula della struttura fine dello spettro; e tutto questo senza bisogno di alcuna ipotesi ulteriore. L'equazione di Dirac sorprese i fisici, ed in molti iniziarono immediatamente ad usarla per risolvere problemi ancora aperti e per ottenere in modo rigoroso risultati già noti, ma basati su metodi semiqualitativi ed empirici, in particolare nel campo dell'interazione della luce con elettroni. Nella mia nuova equazione, ricorda Dirac , la funzione d'onda comprende quattro componenti: un doppietto è richiesto dalle due componenti dovute allo spin ed un doppietto extra corrispondente a stati ad energia negativa. Stati ad energia negativa sono possibili in ogni teoria relativistica, come era noto dai lavori di Einstein stesso, ma non destavano preoccupazione perché bastava assumere che il mondo aveva avuto inizio con tutte le particelle in stati di energia positiva. Allora sarebbero rimaste sempre in stati di energia positiva, non essendo possibili salti a stati ad energia negativa. Ma con la teoria quantistica questi salti discontinui possono avvenire, e questo mi preoccupava molto.

Il vuoto si popola

La genialità di Dirac si rivela nell'audace soluzione che dopo breve tempo propose per il problema. Poiché gli stati ad energia negativa non potevano venir evitati, si devono includere nella teoria. Si può far questo introducendo una nuova immagine del vuoto, supponendo che nel vuoto tutti gli stati ad energia negativa siano occupati: ciò è possibile dato che il principio di Pauli impedisce che più di un elettrone si trovi nello stesso stato. Abbiamo così un mare senza fondo di elettroni ad energia negativa, ma non dobbiamo preoccuparci: dobbiamo considerare solo la situazione presso la superficie, ove abbiamo degli elettroni sopra il mare, che non possono precipitarvi dato che non vi è posto per loro. C'è la possibilità che compaiano delle buche nel mare. Una tale buca apparirebbe come una particella di energia e carica positive . L'equazione di Dirac descriveva così simultaneamente elettroni e "buchi" nel mare, particelle negative e positive. Inizialmente Dirac ritenne che i buchi fossero protoni, le uniche particelle a carica positiva unitaria allora note. Mi mancò il coraggio di proporre un nuovo tipo di particella. A quei tempi l'opinione corrente era assolutamente contraria all'idea di proporre nuove particelle, ed io di certo non osai farlo. Credevo che la differenza di massa fra protoni ed elettroni potesse aver origine in qualche modo dall'interazione fra le particelle. Hermann Weyl, il grande matematico, sulla base dei principi di simmetria, alla fine del 1930 dimostrò che le particelle positive associate ai buchi dovevano necessariamente avere la stessa massa degli elettroni. Nel 1931 Dirac si arrese: la sua equazione prevedeva veramente una nuova classe di particelle, antielettroni, in tutto simili a immagini riflesse degli elettroni in uno speciale specchioche, anziché invertire la destra con la sinistra, inverte la carica elettrica: l'equazione è più intelligente del suo autore. Anche dopo che la scoperta del positrone venne considerata una conferma della teoria di Dirac, l'idea del vuoto come mare di infiniti stati di elettroni e dei positroni come buchi nel mare rimase indigesta a larga parte dei fisici, perché dotava il vuoto di carica e massa infinite. Una semplice riformulazione della teoria permette di eliminare questi infiniti, ma altri infiniti entrano nella teoria quando si studiano le interazioni fra elettroni, positroni e fotoni: Dirac propose una cura nella settima Conferenza Solvay del 1933, ponendo su basi serie la teoria quantistica del campo elettromagnetico, ma il problema della "polarizzazione del vuoto" resterà ancora irrisolto per lungo tempo. L'ipotesi del mare di Dirac ebbe comunque il merito di attirare l'attenzione sulle peculiari proprietà quantistiche che rendono l'universo a scala microscopica un'area brulicante di vita e di attività frenetiche anche in una regione vuota dello spazio.

L'antimateria

Robert Oppenheimer cercò di indagare le ragioni scientifiche per cui queste particelle, che dovevano esistere, di fatto non erano osservate. Ma Dirac noterà più tardi che non erano mai state osservate semplicemente perché gli sperimentali non le avevano mai cercate nel punto giusto . In realtà osservazioni sperimentali esistevano, ma venivano interpretate in modo errato fino alla scoperta di Anderson, Blackett ed Occhialini, inizialmente del tutto indipendente dalla teoria di Dirac. Anni più tardi Anderson ricorda che spesso si trova nella letteratura che la scoperta del positrone fu una conseguenza della previsione teorica di Paul A.M. Dirac, ma ciò non è vero. La scoperta del positrone fu assolutamente accidentale... La scoperta del positrone è anche un esempio di una situazione spesso presente in fisica, in cui la stessa scoperta avviene, o avrebbe potuto facilmente venir fatta in esperimenti contemporanei, ma condotti per scopi completamente differenti. Un fattore che certamente influì sul mancato lancio di un programma di ricerche sperimentali subito dopo la teoria di Dirac fu la dicotomia fra ricercatori sperimentali e teorici che esisteva allora di fatto in tutti i centri di ricerca, con l'eccezione del gruppo romano di Enrico Fermi. La prima osservazione di positroni non prodotti da raggi cosmici è ancora di Blackett ed Occhialini con Chadwick nel 1933: la radiazione prodotta dall'urto di particelle alfa su berillio generano appunto positroni. Poco dopo, Irene Curie e Frédéric Joliot verificarono che sono soprattutto i raggi gamma a generare positroni. Venne in seguito osservato il processo beta inverso, con emissione di positroni, sia naturale che in radionuclidi artificiali. A confermare la sostanziale equivalenza fra elettroni e positroni, la teoria del decadimento beta di Fermi vale per entrambi i tipi di processi. Ma con il positrone entra qualcosa di più che una nuova particella nel mondo della fisica: la relazione di simmetria con l'elettrone si annuncia come una nuova regola fondamentale del microcosmo, per cui ad ogni particella deve venir associata un'antiparticella : si tratta di un più profondo cambiamento che l'inversione della carica elettrica, tanto che anche particelle neutre, come il neutrone, possiedono un'antiparticella. L'esistenza delle antiparticelle risolve un paradosso, già osservato da Rutherford nel 1904, per cui la carica elettrica unitaria negativa è portata da elettroni leggeri, mentre quella positiva da protoni, 2000 volte più pesanti. Tuttavia molte cose ignoriamo ancora sui dettagli della simmetria particellaantiparticella, né abbiamo ancora compreso perché nel mondo che ci circonda domina la materia e l'antimateria è eccezionale, problemi alla frontiera della ricerca attuale . La terminologia linguistica "anti" è suggestiva di una relazione speciale fra particelle e le proprie antiparticelle che non trova corrispondenza nelle particelle di natura eterogenea, ed era già prevista dall'equazione di Dirac: nell'interazione materiaantimateria vi può essere una trasformazione totale delle masse in energia pura (processo di annichilazione) e, viceversa, energia si può materializzare in coppie particellaantiparticella . Questa proprietà venne individuata nel 1960 da Bruno Touschek come la strada più efficace per lo studio delle strutture fondamentali del microcosmo, e sviluppò così AdA, il primo apparato per far collidere in volo elettroni ed antielettroni accelerati simultaneamente, da cui discenderà una delle più fertili linee strumentali per la fisica delle particelle. L'annichilazione di positroni ed elettroni è diventata ora uno dei più efficaci strumenti di indagine medica e fisiologica nel PET, la tomografia ad emissione di positroni, che permette immagini ad altissima risoluzione con minime dosi e permette lo studio di processi biochimici in vivo (Fig. 6). Dirac è morto il 20 ottobre 1984, ed ora "l'equazione più intelligente del suo autore" è incisa nel marmo nella cattedrale di Westminster accanto alla lapide di Newton, a ricordo di quello che Niels Bohr ha definito il fisico dall'anima più pura.

Fig. 1 Robert Millikan controlla gli strumenti di misura di raggi cosmici installati su di un pallone (1938)

Fig. 2 Carl D. Anderson, premio Nobel per la fisica 1936, col suo rivelatore: una camera a nebbia dentro un elettromagnete da 25000 Gauss

Fig. 3 La prima immagine di un positrone ottenuta da Anderson: una particella leggera attraversa lo spessore di piombo centrale della camera proveniendo dal basso, come si vede dall'aumento del raggio di curvatura nella parte superiore; in base alla curvatura nel campo magnetico si deduce che ha carica positiva unitaria e l'analisi della ionizzazione prodotta nella camera permette di attribuirle una massa uguale a quella dell'elettrone

Fig. 4 Sciami di elettroni e positroni osservati da Blackett ed Occhialini (prima immagine pubblicata con positroni: l'evento di Anderson verrà pubblicato solo mesi dopo)

Fig. 5 Paul A.M. Dirac. Aveva un carattere schivo e riservato: quando nel 1933 gli venne assegnato il premio Nobel "per la sua scoperta di una nuova fertile forma della teoria degli atomi e per le sue applicazioni", inizialmente intendeva rifiutarlo perché non amava la pubblicità, ma poi Rutherford gli fece notare che un rifiuto gli avrebbe attirato addosso ancora più pubblicità, e così accettò il premio

Fig. 6 Principio di funzionamento della PET: al paziente viene somministrata una sostanza fisiologica che emette positroni e viene assorbita dall'organo in esame. I positroni si annichilano con gli elettroni atomici emettendo una coppia di raggi gamma caratteristici, che vengono rivelati ricostruendo la loro origine