STAGES PER STUDENTI DI SCUOLA SECONDARIA
DI SECONDO GRADO
www.lnf.infn.it/edu/stagelnf/

STAGES INVERNALI 2010
1 febbraio - 19 maggio




  CATIA MILARDI  
INFN-LNF


 
D: Volevamo farle qualche domanda riguardo la sua vita personale e chiederla cosa l’ha portata qui all’INFN.

Ho fatto il liceo classico e ho avuto la fortuna di avere degli insegnanti che mi hanno presentato molto bene le materie di tipo scientifico, quindi la fisica, la geografia astronomica e la chimica. Da subito ho cominciato ad avere un grande interesse per la geografia astronomica, così ho iniziato a leggere libri divulgativi. Ricordo in particolare un libro edito dalla Boringhieri, che è stato quello che mi ha affascinato di più, in cui si spiegava il fenomeno dello spostamento verso il rosso delle galassie; da lì è nata questa passione. Non ho cominciato subito l’attività di ricerca. Dopo la laurea, ho insegnato in un liceo per un paio di anni, finchè non si è aperta una possibilità nell’INFN dove lavoro ormai  da 20 anni.
Mi sono sempre occupata di fisica degli acceleratori, prima sull’esperimento Adone, poi su un altro progetto, ormai abbandonato, che si chiamava Lisa, e infine ho preso parte alla realizzazione e alla messa in funzione di Dafne.

D: Su cosa sta lavorando attualmente e quali sono le sue ambizioni e aspettative al riguardo?

Per il momento lavoro su Dafne. Abbiamo la fortuna di essere un gruppo abbastanza piccolo, e quindi di poterci occupare di diversi argomenti. Inizialmente ho seguito il sistema di controllo ovvero il sistema di computer che consente di operare l’acceleratore, poi mi sono occupata di diagnostica di fascio, ossia di tutti i sistemi che consentono di fare misure di intensità, di vedere come si comporta il fascio e di come oscilla; sono poi passata all’ottica, e quindi alla progettazione, alla realizzazione, e allo studio della configurazione dell’acceleratore stesso. Da diversi anni, invece, mi occupo delle operazioni di Dafne.
Mi aspetto di riuscire a migliorare le prestazioni della macchina ottenute durante la presa dati dell'esperimento Siddharta per l’esperimento Kloe, il che vorrebbe dire che siamo stati in grado di risolvere tutti i problemi legati alla presenza di un rilevatore grande e di un imponente campo solenoidale.

D: In che modo e per quale motivo è nato il suo interesse per la fisica, quale figura ha influenzato la sua scelta e qual è il ricordo più bello della sua vita da studente?

Come ho già accennato prima il mio interesse è nato in ambito scolastico, e sicuramente hanno avuto un ruolo fondamentale i miei insegnanti, non tanto quelli dell’università, quanto quelli del liceo. Uno dei ricordi più belli della mia vita da studente è sicuramente il clima in cui ho vissuto quando andavo all’università de L’Aquila, dove, trovandoci in un piccolo ateneo, avevamo la possibilità di interagire con grande facilità con i nostri professori.

D: Quali difficoltà ha dovuto affrontare nella sua carriera, cosa le ha dato la forza per proseguire e qual è stato l’episodio più significativo?

Una difficoltà è quella che tutti i neolaureati incontrano, e cioè di capire quali possibilità di lavoro possano esserci e in generale, come affrontare il problema di un lavoro stabile, una cosa importante non solo per una carriera futura, ma anche per fare dei progetti riguardo la propria vita personale.
L’aspetto forse più problematico è quello di arrivare a fare ciò che si vuole, ossia riuscire a orientare il lavoro secondo i propri interessi, anche se spesso non è così semplice. Il piacere che provo quando lavoro è ciò che mi ha sempre dato la forza di continuare, e nei momenti più critici mi ha aiutato molto.

D: Quale ritiene possa essere la prossima scoperta in fisica e come questa potrebbe contribuire a cambiare la vita sul nostro pianeta?

Per quanto riguarda le scoperte in fisica, quella che sicuramente cambierebbe radicalmente il punto di vista della nostra società e quindi potrebbe influire sul nostro modo di pensare, è quella della scoperta della vita al di fuori del nostro sistema solare. Ci sono evidenze, da studi e osservazioni astronomiche, che anche altre stelle nella nostra galassia, ma anche al di fuori, hanno dei sistemi planetari molto simili al sistema solare, sembra quindi essere sempre più probabile la possibilità che possa anche esserci della vita. Inoltre, sembra ci siano tracce di batteri su residui di meteoriti arrivati sulla Terra o che sono state osservate al di fuori dell’ambito terrestre. Sicuramente non sarà una vita uguale alla nostra, probabilmente sarà una vita di tipo semplice, monocellulare, o sotto forma di batteri, ma ritengo che la scoperta che la vita possa essere uniformemente diffusa nell’universo sia la cosa con un maggiore impatto sul nostro punto di vista.

D: Quale ritiene sia stata la più grande scoperta in fisica e qual è il suo scienziato di riferimento?

Il mio scienziato di riferimento è sicuramente James Clerk Maxwell, una figura che mi ha sempre affascinato molto, essendo un po’ il “padre” dell’elettromagnetismo, disciplina alla base degli acceleratori di particelle. Maxwell ha fatto delle scoperte di notevole importanza, basti pensare al fatto che è stato tra i primi ad avanzare la possibilità che campi elettrici e magnetici si propaghino attraverso delle onde elettromagnetiche e che si muovano alla velocità della luce. È, inoltre, una figura eclettica: oltre ad essere un ottimo teorico era anche un fisico che aveva delle grandi capacità di tipo sperimentale. Ad esempio, pochi sanno, che è stato uno dei primi a realizzare delle foto a colori nel 1860.
Per quanto riguarda la scoperta più significativa, direi tutto il lavoro fatto da Albert Einstein sulla relatività, uno degli argomenti che, quando ero al liceo, ha determinato la mia scelta.

D: Cosa caratterizza l’ambiente della ricerca scientifica e come è caratterizzata una collaborazione scientifica?

Ciò che caratterizza l’ambiente della ricerca è l’imprevedibilità. Mentre quando si lavora ad una produzione industriale per la realizzazione di un progetto si sa sempre dove si vuole arrivare, nell’ambito scientifico molto spesso si parte da un punto e poi si arriva ad uno che è totalmente diverso, si scoprono cioè cose, aspetti, fenomeni sempre diversi, strada facendo.
La collaborazione è uno degli ingredienti più importanti: il fatto che delle persone mettano insieme e condividano le loro capacità e conoscenze è fondamentale.

D: Vista la crisi delle iscrizioni alle facoltà scientifiche, quali crede siano i motivi della distanza tra giovani e studi scientifici, e cosa il mondo della ricerca può fare per cambiare questa tendenza?

Voglio rispondere cominciando con un esempio: nei primi decenni del ‘900 a Budapest si affermò una scuola di ricercatori fisici e matematici di grandissimo spessore, come Edward Teller,  Eugene Wigner, Leo Szilard (scienziati che hanno dato un contributo enorme alla meccanica quantistica e allo sviluppo di teorie matematiche) i quali erano contemporanei. Eugene Wigner e John von Neumann erano addirittura compagni di liceo. Non credo che questo sia un caso, ma credo che abbiano avuto un percorso professionale valido grazie ai loro insegnanti, così come non è un caso che due dei cinque premi nobel per la fisica italiani si siano laureati nella stessa università.
La causa della distanza tra i giovani e gli studi scientifici probabilmente dipende dal fatto che spesso la fisica viene presentata come una cosa lontana dalla vita di tutti i giorni e forse anche perché noi ricercatori siamo in un momento non troppo entusiasmante per la fisica, non essendoci il fervore che c’è stato nella prima metà del ‘900.

D: Come definisce la figura dello scienziato e in che modo talento, intuizione e studio influiscono nella sua professione?

Penso che quello che definisce lo scienziato sia la capacità di osservare i fenomeni della natura. Lo studio è un presupposto necessario, ma l’intuizione è fondamentale, ancora di più lo è la fantasia. La capacità di rappresentarsi delle possibilità che non vengono proposte da altri è un elemento molto importante.

D: Quali sono i suoi interessi al di fuori del lavoro?

Mi piace molto fare sport, come sciare, andare in barca a vela, fare windsurf, ma anche ascoltare la musica, suonare il pianoforte e leggere moltissimo, saggistica e libri di argomento storico.
Uno degli ultimi libri che ho letto e vi consiglio è “Il nostro posto nell’universo”, di Fred Hoyle, un grande astronomo, fautore della teoria dello stato stazionario dell’universo.

D: In questo periodo di crisi economica, come vede il futuro della ricerca e cosa pensa dell’uso del nucleare per scopi energetici?

Per quanto riguarda la crisi economica sono molto preoccupata visto che i fondi per la ricerca vengono tagliati ogni anno, i giovani non vengono assunti e l’età media che si è raggiunta è intorno ai 50 anni. Questo non è assolutamente salutare dal momento che in questo modo si rischia di perdere il bagaglio culturale di conoscenze che sono state sviluppate nel Laboratorio non essendoci la possibilità di trasferire ai giovani le conoscenze acquisite con l’esperienza e rischiando così di non avere più persone per poter affrontare il lavoro nei vari settori.
Per quel che riguarda il nucleare credo che il problema di fondo sia il fatto che vogliamo avere la garanzia di produrre sempre maggiore energia ma non ci poniamo mai il problema di che cosa facciamo con quest’energia e di quanta ne sprechiamo. Non sono convinta della costruzione di centrali nucleari perchè comportano numerosi problemi, innanzitutto la produzione e lo smaltimento di scorie pericolose da realizzare e da gestire, senza togliere il fatto che devono essere controllate. Basta pensare all’infiltrazione criminale nello smaltimento dei rifiuti normali, che di certo non ci da particolare sicurezza su quello che potrebbe accadere con le scorie nucleari.
Accanto a queste considerazioni sulla sicurezza, l’altro dato assolutamente oggettivo è che se si pensasse di risolvere il problema della richiesta di energia puntando tutto sul nucleare, l’uranio durerebbe probabilmente anche meno del petrolio.
Bisogna innanzitutto riflettere sul motivo per cui consumiamo e su dove e come impieghiamo l’energia che consumiamo, quindi tagliare gli sprechi che ad oggi sono molto alti.